Il prof. Savi ha definito le
caratteristiche delle cellule staminali. Esse hanno la possibilità di
differenziarsi in una qualsiasi altra cellula dell’organismo, non solo,
ma quando una cellula staminale si divide può mantenere sia la proprietà
di essere pluripotente o totipotente, sia quella di potersi, in
occasione di stimoli particolari, differenziarsi in specifiche cellule
muscolari, del sangue, nervose. La cellula staminale è, quindi,
un’entità in divenire, che è in grado di farci capire come essa
rappresenti un sistema naturale di riparazione (di ferite, malattie,
processi necrotici); ma possiede anche una sua possibilità di sviluppo
per diventare un individuo adulto. Si può ben capire come in
questo avvincente settore di ricerca si stanno concentrando gli
interessi degli scienziati per trovare le basi di una possibile terapia
cellulare per il trattamento di diverse patologie; la cosiddetta
medicina riparativa o rigenerativa.
Le cellule staminali rappresentano una
delle più affascinanti aree di ricerca medica, ma suscitano non pochi
interrogativi man mano che progrediscono le conoscenze, ancora ben
lontano dall’essere certe. Le opinioni di favorevoli o contrari che si
manifestano sono perciò ancora formate senza quelle basi conoscitive
scientifiche e filosofiche necessarie per operare scelte consapevoli.
Gli scienziati utilizzano essenzialmente
due tipi di cellule staminali: le cellule staminali
embrionali e le cellule staminali dell’adulto.
Questi due tipi di cellule staminali hanno funzioni e caratteristiche
differenti anche se in parte sovrapponibili. Ma è proprio la diversa
provenienza delle cellule staminali il vero problema che divide
l’opinione pubblica in quanto diverse sono le implicazioni,
prevalentemente etiche e legali, a seconda che si impieghino cellule
staminali adulte o embrionali.
Quelle embrionali
provengono da una cellula uovo e da uno spermatozoo e dalla fusione di
essi in una unica da cui si svilupperà l’embrione. A seconda dello
sviluppo embrionale le cellule staminali saranno totipotenti, (di 4
giorni) cioè in grado di svilupparsi in qualsiasi altra cellula
dell’organismo o pluripotenti, (di 7 giorni) che sono in grado di
svilupparsi non in tutte ma in molte cellule.
Poi ci sono le cellule già mature,
che sono quelle fetali (del cordone ombelicale; molto utili ma di
ridotta disponibilità) e le cellule adulte (dei tessuti) che sono
cellule multipotenti, per la loro capacità, sotto stimoli particolari,
di formare anch’esse cellule di diversa struttura, ma più limitata.
E’ fuor di dubbio che le cellule
staminali rappresentano un potenziale enorme per nuove forme di terapia
medica in svariate patologie: dal morbo di Parkinson - malattia
neurodegenerativa - all’infarto del miocardio. Un possibile trapianto di
cellule staminali capaci di differenziarsi in neuroni dopaminergici o in
cellule miocardiche, potrebbe guarire ad esempio queste malattie.
Perché però si possano sviluppare nuove
terapie cellulari utilizzando le cellule staminali bisogna innanzitutto
che si studino e si approfondiscano le caratteristiche fondamentali di
questo tipo di cellule e precisamente: a) come è possibile per le
cellule staminali rimanere indifferenziate, non
specializzate e in grado di automantenersi come tali per così
tanto tempo; b) quali sono i segnali che consentono alle
cellule staminali di divenire cellule specializzate.
Per essere utilizzabili a scopo
terapeutico mediante trapianto, le cellule staminali devono però
assolutamente possedere alcune caratteristiche stabilmente
riproducibili, quali il proliferare in modo cospicuo al fine di
produrre sufficiente quantità di tessuto, il differenziarsi nel tipo
cellulare desiderato e nella sede desiderata, il non subire il rigetto,
l’integrarsi nel tessuto circostante dopo il trapianto, il funzionare
nel modo appropriato per tutta la vita del ricevente, il non recare in
alcun modo danni all’ospite.
Come si vede, enormi sono le attese per
la terapia con questo tipo di cellule ma sono ancora molte le difficoltà
di ordine tecnico, alcune assai rilevanti, che devono essere affrontate
e risolte. Per questo sono ancora necessarie approfondite ricerche.
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Il Prof. Quaini parte
dall’esperienza fatta negli Stati Uniti, aggiungendo tuttavia che anche
a Parma si è ora in grado di fare ricerca in modo corretto. Si hanno a
disposizione oggi cellule staminali ottenute dall’embrione o cellule
staminali ottenute nella vita adulta, soprattutto dal midollo
(quelle emopoietiche) dove v’è un altro tipo di cellule staminali (che
si chiama mesenchimale), un poco meno mature ma che hanno già
un’intrinseca capacità di differenziarsi e diventare diversi tessuti
(grasso, osso, cartilagine). In
ogni modo si pensa che ogni organo contenga cellule staminali e quindi
in grado di avere un suo sistema di rigenerazione e questo esiste anche
per il cuore.
Esamina in primis le embrionali
relativamente al cuore e documenta che se si mettono in un disco di
cultura, esse crescono agevolmente e formano degli steroidi che
aumentano velocemente. Se si fanno crescere senza gravità, nel giro di
pochissimi giorni si nota che formano cuore. Ma possono anche produrre
cellule nervose, formare insulina: quindi le forme di malattia curabili
con le cellule staminali sembrano numerose. Si è però in presenza
di cellule molto potenti e allora bisogna essere scientificamente ed
eticamente corretti.
Le cellule del midollo osseo, che
fabbricano globuli bianchi e piastrine, finora usate in trapianti di
midollo osseo produrranno nel ricevente globuli bianchi e piastrine. Ma
negli ultimi anni è emerso che anche queste cellule possono formare
muscolo, cute, cuore, rene, pancreas, fegato e quindi sono cellule
capaci di far tutto. Viene in merito evidenziato con diverse immagini
che il trapianto di cellule midollari emopoietiche in un cuore
infartuato di un topo ha prodotto muscolo cardiaco ed anche i relativi
vasi sanguigni.
Con altre immagini viene constatato,
sempre riferite a ricerche sul cuore, che il nostro cuore stesso
possiede cellule staminali adulte che sono in grado di svilupparsi e
formare tessuto cardiaco con i relativi vasi sanguigni.
Analogo successo è stato ottenuto
impiantando cellule staminali del midollo nelle coronarie o direttamente
nel cuore o cercando con delle sostanze (dei fattori) di favorire che le
cellule giungessero al cuore nella zona danneggiata e la riparassero.
In conclusione si ritiene quindi che le
cellule staminali potranno essere senz’altro il miglior target per lo
studio e la cura delle malattie cardiache.
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La Prof.ssa Gardini interviene
sull’aspetto più propriamente etico. Incomincia riepilogando le fonti
delle cellule staminali: i tessuti adulti (il midollo osseo e anche il
cuore), il cordone ombelicale, la placenta, i feti abortiti, l’embrione
in fase precoce di sviluppo.
Sotto il profilo etico si sofferma
sull’embrione ottenuto con fecondazione in laboratorio enumerando le
problematiche attuali: gli embrioni soprannumerari e congelati ( residui
dalla fecondazione in vitro), gli embrioni creati ad hoc per la ricerca
attraverso il meccanismo della clonazione e quelli che sono stati creati
appositamente nell’uomo (per farne fotocopia).
Chiarisce che ogni uovo fecondato diventa
un’entità a se (ha il suo DNA), che il genoma umano contiene un numero
enorme di informazioni e che solo il 2% di esso caratterizza la
differenza degli uomini gli uni dagli altri (e al mondo sono 6
miliardi). La situazione è quindi assai complessa e ci si deve fare un
primo grande interrogativo "che cosa è l’embrione umano", da cui vengono
poi prelevate le cellule staminali embrionali.
Per riuscire a capire come va trattato,
si riferisce in primis a una raccomandazione del Consiglio d’Europa del
1986 che evidenzia come il progresso ha reso particolarmente precaria la
condizione giuridica dell’embrione. Oggi il bambino che nasce diventa
persona secondo la legge solo nel momento in cui viene registrato
all’anagrafe.
Secondo la scienza e dal punto di vista
bioetico vi sono due grandi linee di interpretazione:
una dice che l’embrione è individuo dal
momento del concepimento. I
fautori di questa teoria si appellano al fatto che se si mettono
insieme un uovo femminile del genere umano ed uno spermatozoo non ci
può venire fuori altro che una persona umana,
l’altro gruppo di
pensiero dice no: fino al 15° giorno non ha dignità di persona umana,
ma è un preimbrione perché
sostanzialmente in natura in quel tempo può duplicarsi (la
fecondazione avviene nella tuba e prima che questo embrione/ammasso
cellulare arrivi in utero nei 15 giorni in realtà può avvenire la
gemellazione: i famosi gemelli identici). Questo gruppo dice: se non
ha l’individualità fino al 15° giorno, in realtà è ammasso cellulare
ma non ancora individuo; la dignità stessa di individuo avverrebbe dal
15° giorno in avanti.
In merito ai referendum sulla
procreazione, il primo problema che si pone è un conflitto di diritti.
Il mio diritto come donna è di esercitare la mia volontà, quindi decido
che i miei embrioni possono essere dedicati anche alla ricerca, in
conflitto col diritto dell’embrione, sul quale non abbiamo ancora capito
da quando è embrione, cioè da subito o dopo 15 giorni. Un secondo
problema è quello eugenetico, (fare o meno diagnosi preimpianto per
individuare la presenza nell’embrione di malattie ereditarie). Alcuni
dicono <è diritto mio decidere come sarà mio figlio (cioè, lo voglio
sano)>..
La clonazione (intesa come coltivazione e
quindi moltiplicazione) può essere terapeutica e quindi solo per
produrre cellule staminali o riproduttiva, che invece porta a fare
individui fotocopia. Quella terapeutica è ammessa in alcuni stati (es,
Inghilterra), mentre quella riproduttiva è vietata da tutti gli stati
(anche se in Cina non è proprio esclusa).
Come si può vedere il problema di fondo,
anche per lo scienziato, è come rispettare la dignità umana e agire
sempre senza danneggiare e con giustizia.
Agire quindi per il bene del singolo e della società, ma il singolo
inteso in tutte le sue accezioni, anche di chi non è ancora in una fase
sviluppata. Dobbiamo allora ragionare e porci dei termini. Che uomo,
che società, che principi etici o morali, che libertà deve avere la
scienza e la ricerca; il ricercatore deve essere assolutamente
autonomo o deve agire secondo dei criteri e dei principi di trasparenza?
Le risposte finora sono diverse, sia a livello politico/sociale che
scientifico. In merito si riportano le posizioni di due nostri
Nobel: uno è la Rita Levi Montalcini che ha affermato <non si possono
mettere chiavistelli alla scienza; certe problematiche vanno valutate
solo in un secondo momento>. L’altro è Rubbia (è la fisica) che dice
<esiste un fondato timore che biologi molecolari possano fare lo stesso
errore che hanno fatto i fisici a proposito della bomba atomica>.
La conclusione porta comunque ad
una domanda: tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche eticamente
ammissibile, socialmente accettabile, giuridicamente lecito?
Aggiunge, per completezza, che ai
problemi dell’embrione e della clonazione umana vi sono anche quelli
delle biotecnologie (siamo corretti quando le usiamo sperimentalmente
sull’uomo), della transgenia (impianto di parti di animale nell’uomo),
dei brevetti (circa l’80% dell’attuale ricerca, anche da parte
delle multinazionali, è sulle staminali).
- Il Prof. Novarini chiude
affermando che le conoscenze
crescono, ma le decisioni dell’applicazione delle conoscenze sono le
responsabilità che ciascuno di noi deve assumere come individuo, come
scienziato, come società.
...a
cura di Luciano Ceci
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