Premio alla Cultura 1989 della Pres

idenza del Consiglio dei Ministri

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Circolo Culturale

L'archivio parmense del 900

PRG di PARMA dall'unità d'Italia - 2a parte

Evoluzione urbanistica e Piani Regolatori cittadini

PARMA 1856-2001

 

Parte prima

Parte terza

NASCITA DELLA CITTA’ MODERNA

- Via della Salute (1856)

- Piano Regolatore (1887)

- Relazione Mariotti (1894)

I P.R.G. DEL SECONDO DOPO-GUERRA

PRG (1957-1963)  storia, gestione, obbiettivi

PRG (1969-1974)

- storia (1965-1980) - gestione  - obiettivi  - legislazione

Parte seconda

Parte quarta

LO SVILUPPO DELLA CITTA’ NEI PRIMI CINQUANT’ANNI

- IL PIANO REGOLATORE (1938-1945)

  storia, gestione, obiettivi

- IL PIANO DI RICOSTRUZIONE (1946-1950)

  storia, gestione, obiettivi

LA CITTA’ POST-INDUSTRIALE

 PRG (1998-2001)

- gestione (riassunto tappe principali)

- obiettivi

- bibliografia

 

appunti dell'Arch. Marzio PAVARANI

 Piano Regolatore 1938-1945

Il Piano Regolatore del 1938/1945 è la visione di una serie di retaggi storici che ne consegnano alla storia l’icandescente ricordo del triste ventennio fascista. La cultura razionalistica basando il suo contributo alla ideologia dominante in nome di una “ratio” tecnica,produttiva e scientifica, escluse la ricerca storica dalla ricerca architettonica,favorendo ancor più l’irrazionalità dell’organizzazione sociale che si andava a riflettere nell’irrazionalità della città tradizionale stessa. Allo stesso modo si può dire che l’architettura razionale nacque come creatura del regime, come tale fu allevata e tutte le sue contraddizioni sono in questa sua educazione corruttrice che in essa lasciò il segno anche quando il regime cadde. Nel frattempo la legislazione urbanistica italiana ha realmente inizio con la legge 17 agosto 1942, n. 1150, approvata in tempo di guerra, nel totale disinteresse della nazione,ma ispirata ai modelli stranieri più progressisti introduceva una normativa tecnicamente avanzata tanto da renderla ancora oggi uno strumento valido; il piano regolatore generale secondo l’originaria formulazione dell’art. 7 della legge del 1942, doveva considerare la totalità del territorio comunale ed indicare sostanzialmente la localizzazione delle opere ed impianti pubblici di interesse generale,le aree destinate a formare spazi di uso pubblico e la divisione di zone del territorio, con precisazione di quelle destinate all’espansione dell’aggregato urbano, nonché i caratteri ei vincoli di zona da osservare nell’edificazione. La fase attuativa venne affidata ai piani particolareggiati di esecuzione. Compiuta disciplina trovò,infine,il rilascio della licenza edilizia (nuova denominazione dell’autorizzazione preventiva introdotta dal R.D.L. N 640/1935) per la costruzione da eseguirsi nei centri abitati.

Nel 1924 Parma confinava: a sinistra del torrente veniva conglobata l’area compresa entro una linea che partendo dal torrente Parma percorreva la linea ferroviaria Parma - La Spezia fino al passaggio a livello di via Volturno; indi passando da Marinelli arrivava al Baganza; poi,percorrendo tutto il Baganza a monte e passando sulla destra del torrente in territorio comunale di Vigatto arrivava fino al punto in cui il torrente Cinghio attraversava la strada per Langhirano.


sopra: Comune di Parma ampliato con l'aggerazione di parte dei territori dei Comuni
di S.Lazzaro P.se, Vigatto, S.Pancrazio P.se, Golese e Cortile S.Martino. Anno 1925

 A destra arrivava fino all’abitato di S.Lazzaro. La sua popolazione non arrivava a superare le 50.000 unità, la struttura economica era costituita (a differenza della Provincia dove il lavoro dei campi era l’unica occupazione) dall’artigianato e dalla piccola industria: officine meccaniche, calzaturifici, profumi, zuccherificio, pastificio, conserve alimentari. Nel 1924 lo studio del Piano Regolatore ha inizio col preciso intento di liberare la città da quelli che erano definiti “i ghetti rossi” e proporre degli sventramenti in modo molto radicale, soprattutto nel Oltretorrente, nei borghi che due anni prima avevano visto l’opposizione al regime fascista con le gloriose barricate del 1922. Con il pretesto basato su una questione prettamente igienica, riprendendo alcuni stralci della “Relazione Mariotti” e non tenendo conto che nella stessa era stato elaborato un sistema di fognature, il quale avrebbe dato beneficio all’intera città, si decise la totale soppressione di quei borghi e degli isolati stessi. Questo massiccio intervento protrattosi fino al 1940 (inizio della guerra) ha dimostrato come le autorità locali di allora, agendo in eguale misura sul lato destro del torrente, siano state portatrici di modifiche rilevanti in quella parte di città oggi chiamata “centro storico”, cambiandone per certi aspetti la nomenclatura dei luoghi. Oggi, di fronte a una via della Costituente, che era una volta via Corridoni, abbiamo tutte le stradettine che vanno nella zona sud orientale del centro storico dove sono spariti completamente, non lasciando alcuna traccia, i vari Borghi Carra, Minelli, Borgo dei Salici ecc.. e hanno lasciato il posto per Piazzale Mateotti, per via F.Finzi per via Cocconcelli per Piazza Picelli ecc…

sopra: Progetto di risanamento dell'Oltretorrente, anno 1924

C’e da considerare soprattutto  la via Mazzini che essendo parte del “Piano” del 1938, è stata realizzata totalmente dopo la liberazione; in tal senso,i nostri democratici reggitori di allora hanno tenuto valido il “Piano” del 1938,che era un piano, almeno dal punto di vista politico tutt’altro che democratico. Il centro storico subisce altre modificazioni,nella parte posta alla destra del torrente Parma:è il caso della distruzione delle Beccherie del Bettoli, (1780/1854) (l’architetto di Maria Luigia d’Austria )che costituivano i portici di Piazza della Ghiaia. Rientrando, nell’ottica urbanistica fascista tesa creare nuove piazze e allargamenti stradali per favorire le novità del traffico su gomma,nel 1928 vennero eseguiti i lavori del lungo Parma che prevedevano l’allargamento del viale adiacente il torrente per collegare meglio i ponti tra di loro. L’edificio neo classico trovandosi in un punto nevralgico del sistema venne abbattuto al fine “di una innovazione più redditizia per le attività di mercato”. L’idea di città cambia, sembra essere destinata a crescere secondo una espressione causale direzionale,a macchia d’olio;con la sistemazione da parte degli abitanti delle zone “sventrate”nei cosiddetti “capannoni”, abitazioni ultrapopolari che vennero collocate completamente fuori della città,in aperta campagna si consolida un determinato strato sociale cui la nuova espansione urbana è caratterizzata dalla economicità delle abitazioni (*). Questi edifici così denominati per la forma del tetto a capanna, tipologicamente dequalificanti privi di una regola di auto determinazione dimensionale e funzionale, impostavano dei  criteri alternativi basati sia nell’indipendenza dei fronti stradali di maggior comunicazione, sia nella tipizzazione degli alloggi, sia negli standard igienici quasi inesistenti. Il risultato nessun principio di organizzazione dello spazio urbano,dove i “capannoni” combinati con materiale consistente in sassi legati con malta di calce,rappresentavano i tipici “ghetti”, abbandonati a se stessi in cui viene operato un ritaglio sociale dedotto dalla nomenclatura di classe. Analogamente, venivano espropriati quei pochi terreni (ancora con il beneficio della legge di Napoli) rimasti liberi entro i confini dell’ormai scomparsa cinta muraria, nell’ Oltretorrente ed appartenenti ad enti ecclesiastici, destinando gli stessi a nuove costruzioni. Tutto era stato contemplato nel Piano Regolatore che qualche anno più tardi troverà la sua completa espressione nella variante proposta dall’allora architetto del regime Marcello Piacentini. In tal senso, promuovendo anche la totale restaurazione del Ponte di Mezzo,un nuovo riesame delle fognature urbane (che però rimasero ancora incomplete) il completamento e l’ampliamento dell’ospedale Maggiore, si indicava una nuova rete di strade che, interessava l’intero contesto urbano. La realizzazione di un nuovo asse di circolazione il quale,questa volta si sostituiva totalmente alla vecchia cinta muraria, inglobando l’antico nucleo urbano vedeva la città allargarsi nella zona suburbana a sud-est, a sud ed a sud-ovest con arterie trasversali e longitudinali, collegate le stesse con la nuova circonvallazione, a un nuovo reticolo stradale, il quale riflettendo la forma radiocentrica della città determinava lotti irregolari che venivano organizzati esclusivamente in funzione della residenza. L’Amministrazione municipale espropriava, con i benefici delle leggi allora vigenti, una quantità di terreni ancora adibiti al lavoro agricolo rivendendoli ai privati o cedendoli ad Enti i quali assumevano il compito della edificazione degli stessi. In tal senso la designazione del “luogo”tende ad accentuare quella nomenclatura di classe che vede divisi per distinti settori,attraverso le diverse tipologie,la costruzione dei villini a sud e a sud-est,le case operaie a sud-ovest e le case di tipo medio a nord-ovest. Il Piano Regolatore del 1938, aveva stabilito normativamente dei limiti piuttosto strani: l’altezza massima degli edifici che in tutto il territorio era di 21 metri, cioè doveva corrispondere circa ai sei piani in teoria, si traduceva in pratica anche in un piano in più con un incremento di densità ecc… Nel 1942, in piena guerra e tra l’indifferenza generale, i Piani Regolatori passano in Italia dalla dimensione urbano-edilizia a quella comunale-territoriale; introducendo il concetto di zonizzazione, si da la facoltà al Comune di individuare le aree per i servizi pubblici stabilendo così destinazioni d’uso pubblico o privato dei suoli. Agli indici metrici, i quali in precedenza avevano determinato il volume degli edifici in base al rapporto tra altezza e larghezza stradale, vengono sostituiti dagli indici volumetrici sulla base di rapporti consistenti di cubatura edificabile per ogni metro quadro di superficie.. e tutto questo come ad altri fattori che nel tempo matureranno saranno destinati a segnare nuovi destini nello sviluppo post-bellico della città.

(*) Capannoni : costruzioni estese  per una estensione in superficie media oscillante tra mq. 670-720 sorti tra il 1920 ed il 1932  consistevano di quattro tipi:a un sol piano, comprendente alloggi di una o due stanze costruiti al Castelletto e al Paullo,a due piani comprendenti alloggi di una e due stanze con camino e fornelli,oltre agli spazi risultanti dalle scale,costruiti nella località Navetta;pluripiano,con alloggi di una o due stanze con lavandini e fornelli,o a pluripiano con servizi igienici compresi all’interno dell’alloggio come quelli costruiti a nord del torrente Baganza

 sopra: Piano Regolatore 1938

 

Piano di Ricostruzione 1946-1950

Parma, può essere annoverata tra quelle città italiane che subirono maggiori devastazioni causate dai bombardamenti anglo-americani;i bombardamenti più distruttivi,della primavera e dell’estate del 1944, avevano impresso alla città una veste cimiteriale,dove i quartieri più centrali ne riassumevano i più tristi aspetti:le zone di B.go S.Biagio,Via Cairoli Via Pisacane Via Garibaldi la Pilotta, la Stazione Ferroviaria ecc..erano lacerate e distrutte;inoltre a Parma si dovevano risolvere anche problematiche legate ad opere di urbanizzazione primaria(scolo delle acque piovane,fognature ecc.) che anche se in precedenza progettate non erano mai arrivate alla totale realizzazione; l’eliminazione di abitazioni malsane,dei capannoni,non che il reale fabbisogno abitativo. Dopo il 25 aprile la popolazione sfollata nelle campagne cominciava a rientrare in città, dove il 60% delle case cittadine erano state più o meno danneggiate e di queste il 27% rase al suolo. Occorreva ricostruire otto mila vani completamente distrutti e ripararne circa dodicimila. Con la legge n. 399 del 1947, si dava inizio a provvedimenti che potessero coprire la piaga delle abitazioni malsane e degradate; con la revisione di  articoli,speciali,almeno nella sostanza,anche se pur riferiti alla normativa del Testo Unico del 1938, ma che superavano certe discriminazioni,l’edilizia popolare ed economica,conseguiva una perequazione più equa nel trattamento tra gli enti ,come i Comuni, I.A.C.P.,ecc.. che avrebbero dovuto costruire case .Successivamente,con la legge n. 43 del 1949,meglio conosciuta come legge Fanfani o legge INA Casa,la quale proponendo provvedimenti per l’incrementare l’occupazione operaia,agevolando la costruzione di case per i lavoratori,venivano introdotti aspetti innovativi nel campo dell’edilizia pubblica. Al fondo INA Casa dovevano contribuire i destinatari dell’intervento,tutti i lavoratori dipendenti,attraverso la formazione di un organo centrale con lo specifico compito di predisporre un piano settennale ripartendone annualmente l’intervento sul territorio nazionale sulla base dell’indice di affollamento e delle distruzioni belliche;gli appalti a cui affidare la fase  realizzata, veniva conferito all’INA, all’INPS alle Amministra-zioni statali, allo IACP, alle Cooperative ecc.. Parma, rientrando nella regola delle città italiane applicava il Piano di Ricostruzione,compilato nel 1946 approvato nel 1950, basato esclusivamente sull’edificazione di nuovi fabbricati, usando il sistema di sempre, poiché la legge urbanistica n. 1150/42, non aveva ancora un regolamento di attuazione. Non approfittando, delle distruzioni subite dai bombardamenti,si ritornò ai piani edilizi precedenti con i vecchi criteri.Così se da un lato si cercava di risolvere l’esigenza della popolazione,l’intensità di espansione della città, dall’ altro (in conseguenza, anche del fenomeno dell’aumento della popolazione) cresceva. In tal senso, si ebbe l’estensione della città, nella zona ad ovest oltre il viale di circonvallazione, al completamento del quartiere della Cittadella (tra il torrente Parma e via Torelli) all’estensione a nord del quartiere di via Trento (oltre la ferrovia)questo edificato con gli strumenti del Piano INA Casa come il quartiere Montanara,  fino ad arrivare all’impianto di un nuovo quartiere i “Prati Bocchi” a nord ovest della città. Tali insediamenti,che si svilupperanno progressivamente nel arco  tempo dell’immediato dopo-guerra, (1949-1955), con un progressivo ampliamento, lasciando sulla città, una spontanea distribuzione, ma evidenziando anche un futuro ruolo di Parma rispetto al suo rapporto di vita sociale – economico -culturale con la  Provincia e la Regione. Infatti, la felice ubicazione di Parma e il ruolo che la città poteva assumere in futuro,in quanto situata nel nord dell’Emilia e agevolata dalla vicinanza del fiume Po, sulla dorsale ferroviaria, nell’incrocio di due strade nazionali di grande traffico (la via Emilia e il Passo della Cisa), incitò il sorgere di nuove industrie, che presentando differenziazioni tipologiche si istallavano nel territorio senza una precisa collocazione. Il carattere prevalentemente agricolo sia della Provincia che delle delegazioni stesse restava, come in passato, la fonte economica principale dando un solidissimo caposaldo per lo sviluppo e la crescita di nuove attività da essa dipendenti. Il sorgere di nuove attività produttive interessando l’intero territorio Provinciale e Comunale,in questa fase  di miracolo economico,fu la causa principale degli spostamenti di forza-lavoro e con essi tutto quello che ne poteva derivare sull’aspetto morfologico e tipologico del territorio.(Ricordiamo la crescita dell’industria casearia,che successivamente fu  promotrice per la formazione del consorzio del Parmigiano-Reggiano e l’industria per la lavorazione delle carni tanto per citare alcuni esempi). Si identificarono sempre più quelle contrapposizioni artificiose dalle dipendenze formali come città - campagna, centro – periferia, residenza – industria. Contemporaneamente, al decollo industriale che si andava a sviluppare con la formulazione di un tessuto sub-urbano,costituito da un eterogenea tipologia edilizia, sempre più in contrasto con l’insediamento sparso della campagna la quale restava l’originale fonte produttiva,si formulavano previsioni e incominciavano “i dibattiti” sulle relative funzioni che la parte antica della città avrebbe dovuto avere nell’intero contesto urbano.E’già entrata nella storia la cinquantennale vicenda di Piazzale della Pace che con i suoi risvolti culturali- conflittuali, con le sue difficoltà oggettive di ordine economico e burocratico; testimonianza, di come dal secondo dopo-guerra ad oggi, le città italiane abbiano trovato difficoltà nella sistemazione dei centri urbani e a concretizzare una loro precisa funzione. Questa vicenda, definita in un recente tempo passato da Bruno Zevi un “caso di portata europea”, ha avuto  la sua concreta realizzazione nel progetto dell’architetto Mario Botta, esempio perfetto dell’espressione culturale del nostro tempo.

 

sopra: veduta aerea della città anno 1944-45

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sopra: Parma planimetria 1953

 

sopra: Piazzale della Pace come'era