Premio alla Cultura 1989 della Pres

idenza del Consiglio dei Ministri

www.ilborgodiparma.it

Associazione Culturale

 Vita dell'Associazione 'il Borgo' di Parma

Celebrazioni per il 36° BORGO-DAY 2013

 

 

 Giovedì 06 Giugno:  36° BORGO DAY 2013

dal  1977, 30 maggio  al  2013

L'Associazione Il Borgo celebra il 36° 'BORGO DAY' nella propria sede di via Turchi 15/A, con il seguente programma suddiviso in alcuni momenti:

Alle ore 18:20, nella chiesa di Ognissanti, in via Bixio, celebrazione della S.MESSA per ricordare i nostri soci defunti.

Borri Andrea

Buzzi Carlo

Mazza Angelo

Azzi Giuseppe

Scaffardi Cirillo

Venturini Giancarlo

Zileri Paolo

Vescovini Franco

Moroni M. Grazia

Riberzani Paolo

Campanini Wiliam

Incerti Remo

Dondi Vincenzo

Allodi Giovanni

Cantoni Andrea

Zavattaro Giorgio

Zucchellini Alfonso

Fornari Genesio

Galloni Ginetto

Ferretti Licinio

Baga Don Arnaldo

Gardoni Giuliano

Brattesani Giuseppe

Cavalli Cecilia

Cotti Franco

Mambriani Vittorio

Dall'Argine Arrigo

 

Alle ore 18:45, nella sala convegni, all’interno della nostra sede di via Turchi n. 15, ora intitolato ad Andrea Borri, consegneremo un riconoscimento simbolico all’amico Federico Ghillani, per la sua particolare testimonianza che ha saputo esprimere con coraggio nel campo dell’impegno sociale, della promozione umana e per il volontariato giovanile, a servizio dei più poveri nel mondo. Federico terrà una breve conversazione proprio sul tema “Dalla parte dei giovani, un contributo di speranza”.

Alle ore 19:30, un rinfresco curato dal ristorante Il Cortile, sempre nei locali dell’Associazione, concluderà la giornata. Invitiamo i soci che intendono partecipare a questo terzo appuntamento (10 €) a segnalare il proprio nominativo in segreteria entro martedì 4 giugno, negli orari previsti.

  

Segreteria:

Associazione culturale Il Borgo, via Turchi 15/A, 43125 PARMA

Tel: 0521.284203  -  e.mail: circoloilborgo@virgilio.it  - wwww.ilborgodiparma.it   -   Rass.Stampa dell'avvenimento››

 

 

In occasione del 36° Borgo-Day, Federico Ghillani,  é eletto dai soci dell'Associazione Il Borgo "testimonial dell'anno".

Nella foto il Presidente Paolo Scarpa presenta ai soci de Il Borgo Federico Ghillani.

 

 Dopo la consegna di una bella targa ed un applauso molto affettuoso dei presenti, Federico Ghillani ha tenuto un suo cordiale e rispettoso saluto sul tema "Dalla parte dei giovani, un contributo di speranza" con il quale ha espresso anche il suo grazie a 'Il Borgo' per il riconoscimento ricevuto».

- leggi saluto»

 

 

 
Curriculum Vitae di Federico GHILLANI
 

Testimonial per l'anno 2013

 

È nato a Parma il 2 settembre 1953, primo dei cinque figli di papà Ugo, odontotecnico e cultore del bel canto, e mamma Vilma.

Mentre la famiglia risiede in via Solari, frequenta la scuola materna delle suore Luigine di via Farini e poi le elementari alla Corridoni e le medie all’Antelami. Intanto si apre alla vita di fede frequentando il catechismo e ricevendo i sacramenti presso la parrocchia di Ognissanti, negli anni in cui papà Ugo, apprezzato tenore, calca ripetutamente il palcoscenico nelle stagioni del Piccolo Teatro Lirico allora diretto dal maestro Renzo Martini.

Passa al Liceo Romagnosi quando la famiglia si è già trasferita nel quartiere Cittadella, frequenta la parrocchia del Corpus Domini e vede sorgere la nuova parrocchia di S.Giovanni Battista. Sotto la guida del parroco don Severino Petazzini fa forti esperienza nel gruppo giovanile maturando ulteriormente la ricerca vocazionale che lo porta ad entrare, dopo il diploma classico nel 72, nel Seminario Maggiore di Parma. Qui compie gli studi teologici e filosofici frequentando prima; lo Studentato Teologico Saveriano e poi il Collegio Alberoni di Piacenza.

Considerata conclusa l’esperienza formativa del seminario, si iscrive alla facoltà di filosofia dell’Università di Bologna accettando la proposta dell’Ufficio Catechistico di assumere, in base agli studi compiuti, l’incarico di insegnamento della religione presso la Scuola media Salimbene che svolge dal ‘75 al ‘80, anno in cui è chiamato al servizio militare. Nel 1982 gli viene proposta la cattedra di religione presso l’Istituto Tecnico Leonardo Da Vinci di cui è tutt’ora titolare ed inizia ad interessarsi alle problematiche didattiche e sindacali della categoria grazie anche ai corsi di aggiornamento organizzati dall’Ufficio Scuola Diocesano, e inizia a partecipare, inviato dalla CISL, alle riunioni della Consulta Nazionale degli insegnanti di Religione.

Nel 1983, sposa Simonetta trasferendosi nel quartiere Montanara e nella parrocchia delle SS.Stimmate. Dall’unione nascono i tre figli Marta (‘84) Daniele (’89) ed Ester (2003). Nell’89 viene chiamato dall’amico Maurizio Delcanale a rientrare in Azione Cattolica dove viene eletto prima vice presidente per il settore adulti dove cerca di rilanciare nell’associazione l’impegno formativo nelle realtà parrocchiali, e quindi Presidente diocesano nei quadrienni 1998-01 e 2002-05. In questo periodo viene chiamato anche alle prime responsabilità di dirigente sindacale nella categoria del personale della Scuola della CISL, prima come segretario aggiunto di Parma e membro del consiglio nazionale, quindi come segretario generale della categoria di Parma nel 2005, carica riconfermata nel 2009 e ricoperta fino alla successiva elezione a segretario Generale dell’Unione Sindacale CISL di Parma avvenuta nel giugno 2010, recentemente riconfermata nel Congresso di unificazione tra i territori di Parma e Piacenza nel marzo 2013, cui è seguita l’elezione al XVII Congresso nel Consiglio Nazionale della CISL.

Appassionato di musica classica, in particolare di pianoforte e organo, passione ereditata dal papà Ugo e coltivata dagli anni giovanili, ma anche di informatica appresa dai propri studenti e colleghi dell’ITIS, si dedica nel tempo libero con la moglie Simonetta al servizio pastorale ai ragazzi e in particolare ai loro genitori nel cammino parrocchiale di vita cristiana, animandone gli incontri. Vive ora nel racconto e nella meditazione della vita donata del figlio Daniele, volontario internazionale tragicamente scomparso in Brasile nella missione di Senador Canedo dove svolgeva servizi educativi insieme ai missionari parmigiani don Corrado Vitali e Paolo Finardi, e nell’impegno a mantenere aperto il ponte di amicizia e fede tra le due comunità.

 

  

Saluto di Federico GHILLANI

 

 "Dalla parte dei giovani, un contributo di speranza”

 

Desidero ringraziarvi per avermi accolto e inserito nel contesto ricco e, direi, glorioso della vostra bella storia e tradizione. Nel fare questo nomino, anzitutto, l’amico Eugenio Caggiati che per primo mi ha contagiato alla vostra passione civile sociale e culturale e anche chi ne ha preso il testimone come Albino e ora Paolo. Citandoli comprendo anche tutti gli altri che ho imparato a conoscere e apprezzare in tante occasioni frutto del vostro prezioso lavoro. E’ importante avere radici belle e significative come voi avete, ed è importante farne memoria come abbiamo fatto oggi ricordando non solo la figura di Andrea Borri che non ho conosciuto personalmente; ma anche altri, come Carlo Buzzi, che era amico e coetaneo di mio padre Ugo e che, invece, ho avuto il privilegio di conoscere.

Questa sera non voglio parlare di qualcosa di altisonante, ma della capacità, che avete e dimostrate di costruire e delineare con pacatezza e uso dell’intelligenza, di un modello di cittadinanza  che fa leva soprattutto sull’impegno personale nella società e anche nel dialogo con le sue istituzioni. Proprio due giorni fa a Parma Mons. Bregantini ci ha detto che quello della “cortesia” e non quello della polemica sterile deve essere il tratto distintivo con il quale rapportarsi con le istituzioni, sempre nel rispetto di ciò che esse rappresentano, anche quando si possono avere delle aspre critiche da rivolgere. E’ quello stile, quella partecipazione che rischiano di mancare nel nostro paese, senza i quali non credo si possa andare lontano.

So da dove venite, infatti, e sono soprattutto io che vi devo ringraziare per avermi dato in questi anni tante occasioni di riflessione e di scambio, comunque di arricchimento, in virtù della vostra autonomia che non è agnosticismo, ma proposta di dialogo costruttivo con tutti sulla base di un chiaro riferimento ai valori alti cui vi ispirate.

Vorrei interpretare nel vostro riconoscimento una affinità tra quello che voi fate da anni nel nostro territorio e per il suo futuro e quello che noi del sindacato cerchiamo di unire sempre alla tutela del lavoro. Io sono espressione, infatti, di una realtà collettiva, che mentre è chiamata a difendere l’occupazione e il lavoro non può stare fuori dalla realtà in cui i lavoratori vivono i loro problemi e, oggi, i loro drammi. Senza pensare a come migliorarla per il bene di tutti, e ciò affinché  gli uomini e le donne possano raggiungere la pienezza della loro umanità, in quella “società più umana, responsabile e solidale” che voi assumete nel vostro statuto come fine da realizzare attraverso quel “rinnovato impegno culturale” che esprimete in tutte le vostre iniziative.

Voglio poi subito chiarire che i meriti che mi attribuite nel settore del volontariato giovanile e nel servizio dei più poveri del mondo, sono piuttosto effetto della trasposizione sulla mia persona, una trasposizione che intendiamoci non rifiuto e che mi onora molto, delle scelte e della responsabilità cosciente e lucida maturata da mio figlio Daniele negli ultimi anni, che lo ha portato, dopo alcune esperienze maturate proprio qui a Parma, al servizio civile volontario in Brasile nella missione di don Corrado Vitali e Paolo Finardi a Senador Canedo, in quelle periferie del mondo verso le quali di recente ci sta proiettando Papa Francesco. Sono scelte nelle quali mi sono sentito, e mi sento, profondamente coinvolto insieme alla mia famiglia, e che in questi mesi per noi hanno significato la ricerca di dare continuità, insieme a lui “diversamente-vivente” come lo definisce oggi mia moglie (dove saremmo se non ci fosse questa ricchezza del genio femminile!) al servizio educativo nel quale era impegnato, e che, grazie alla generosità di tante persone, vedrà alcuni giovani meravigliosi raccogliere il testimone di Daniele in questa staffetta ideale che manterrà aperto il ponte tra Parma e Senador Canedo, dove tanti ragazzi e giovani attendono di essere aiutati a diventare cittadini della loro terra e del mondo (ho appena salutato con il nostro Vescovo, Giulia e Nicola che partiranno sabato sera da Malpensa per Goiania e insieme a Giacomo e Fabio hanno concluso il periodo di formazione). Non vi dico l’attesa che c’è già nella comunità che li attende: ragazzi e giovani che desiderano essere aiutati a costruire il loro futuro e a sperare in situazioni veramente di frontiera!

C’è un’aspetto importante del Progetto che grazie alla Caritas, e qui ringrazio la presidente Cecilia Scaffardi e, in particolare, Annalisa Dall’Asta che ha curato in particolare il progetto; il nostro impegno è anche quello di rendere ancora possibile a dei giovani di fare l’esperienza bellissima e maturante del servizio volontario che è stata di Daniele, in un momento in cui il nostro paese sembra aver perso di vista la ricchezza che gli viene di ritorno rispetto a quanto spende non riuscendo a trovare le risorse (è di alcuni giorni fa la notizia che forse si sta trovando una prima parziale soluzione) per garantire ancora questa possibilità: tanti giovani che sono tornati da queste esperienze oggi arricchiscono di sensibilità e umanità il nostro paese e quello che portano in ricchezza di umanità e di sensibilità sociale è molto più di quanto si è speso per inviarli nei paesi di frontiera dove oltretutto svolgono funzioni altrimenti impossibili.

Ma vorrei con voi cogliere questa occasione per riflettere anche su cosa significhi per noi qui a Parma essere dalla parte dei giovani. Nessuno possiede ricette, ma alcune linee di impegno mi sembrano chiarirsi sempre di più e vorrei condividerle con voi.

Molti adulti, oggi, sembrano più impegnati a inseguire il mito dell’eterna giovinezza che nel prendersi cura dei giovani nell’accompagnarli nella transizione verso l’età matura, nel consentire loro partecipazione e piena assunzione di responsabilità e di posizioni di rilievo nella società. So di giovani spesso bloccati dai loro genitori nel compiere scelte importanti come quella di mio figlio; famiglie che preferiscono ingabbiare i figli nelle reti della vita borghese piuttosto che vederli rischiare in scelte importanti. Giovani corteggiati dal mercato perché diventino consumatori sciocchi e innocui, coccolati da adulti troppo spesso ridotti nei loro confronti a svolgere funzioni avvocatizie o mansioni proprie della realtà alberghiera o della ristorazione. Giovani perciò sempre più soli, richiamati al dovere per il dovere, ma senza modelli valoriali alti, per paura o quieto vivere. Oggi, infatti, l’anello debole della relazione educativa siamo noi adulti sempre meno capaci di relazioni educative, soprattutto perché educazione è cosa di cuore, e oggi per un adulto è difficile assumere questa responsabilità! Educare richiede il mettersi in gioco e questo spesso è un rischio che molti oggi rifuggono. Come educare allora? Non si tratta di fornire loro contenuti, ma far fare esperienze, esperienze dalle quali riemerga il senso vero delle cose, dei fatti, degli avvenimenti, insomma una lettura della vita. Si tratta di fare esperienze insieme a loro, costruendo contesti e percorsi che siano palestre della compagnia, della consapevolezza, della competenza, luoghi e occasioni in cui far sperimentare lo star bene insieme e il mettersi gli uni al servizio degli altri, nella diversità ma anche nella condivisione, luoghi e occasioni dove i giovani si aprano gradualmente ai problemi esistenziali e sociali, e sperimentino modalità concrete di cittadinanza attiva, di solidarietà, di accoglienza! Si tratta di educare in loro le competenze sociali e relazionali, con percorsi a forte tasso di esperienza nelle quali i giovani si educano a saper comunicare, a interagire efficacemente con gli altri, a lavorare in gruppo, a prendere decisioni e a gestire e risolvere conflitti, ma anche a esercitare leadership … affinché fin da ragazzi sappiano muoversi con impegno e responsabilità nei vari ambiti di vita e appartenenza.

Ma a chi tocca tutto ciò? Ovviamente in primis tutte le realtà che si occupano di formazione, evitando però di delegare tutto alla scuola troppo spesso sovraccaricata di tutte le emergenze sociali, e che sta svolgendo in merito iniziative belle e significative che spesso i docenti sono costretti a togliersi dalla pelle nelle condizioni in cui il sistema scolastico è spesso costretto oggi a lavorare, ma in una logica di alleanze e di reti tra tutte le realtà associative presenti nel territorio. Questo compito e questo impegno ci attende tutti, e lo dico a voi come associazione ma impegnandomi personalmente anche come organizzazione sindacale. Oggi, a mio avviso, è enormemente necessario per dare a tanti giovani l’occasione che attendono di emergere dalla solitudine e dall’anonimato cui spesso li releghiamo, che è anche la causa di tanti loro comportamenti trasgressivi e autolesionistici. Nessuno può realizzare questa ripresa educativa da solo, occorre aprirsi alla logica di una più ampia collaborazione tra i vari soggetti che hanno ancora a cuore il futuro delle giovani generazioni e della nostra società.

Vi parlo di queste emergenze educative anche perché penso di averle viste nell’esperienza attraversata da Daniele, nel processo del suo aprirsi graduale ad una comprensione di sé sempre più “alta” che lo ha portato a sentirsi cittadino del mondo e nel servizio a scoprire la “felicità di essere per gli altri” e che “la vera felicità sta nella condivisione” vissuta a fianco di chi nella relazione ti fa scoprire la tua umanità più profonda.

Nel contributo che abbiamo costruito insieme per la nostra città nel 2011, riprendevo queste riflessioni dell’amico comune Francesco Lauria “la crisi globale ci obbliga a ricercare e costruire alternative, a prospettare un cambiamento che sappia fare leva sulla fiducia, a partire dalle giovani generazioni. Lavorare per la costruzione del futuro dei giovani non significa prospettare soluzioni lontane o utopiche, ma investire in un cambiamento soprattutto di tipo relazionale: ricostruire spazi e tempi per la socio-abilità, per lo sviluppo educativo, formativo, professionale, di sensibilità e competenze. Si tratta di impostare uno sforzo culturale ambizioso e al tempo stesso realistico al fine di cogliere l’occasione della crisi per ricominciare a pensare il futuro valorizzando temi cruciali come la qualità delle competenze e dello sviluppo del capitale umano”.

Carissime/i

alcune settimane fa su un giornale locale, un amico di Mondovì dove Daniele ha fatto la formazione scriveva:

Dare la vita... Uno ci pensa e si immagina subito qualcosa di eroico, l'impresa eccezionale di chi sacrifica se stesso per un ideale o per un'altra persona. Daniele se n'è andato per un cavo elettrico balordo, in un incidente che sarebbe potuto capitare ovunque, anche qui. Eppure, qualcosa come una luce brilla persino nell'orrenda casualità di questa tragedia”.  (L’amico Giuseppe Bizzi ricordando Daniele in Consiglio comunale ha usato questa espressione: ”Ventitré anni, una vita breve nella qualità del tempo, ma così lunga nella qualità del senso. Nessuno può sottrarre nulla alla bellezza di quei ventitré anni, neanche un attimo.”)

“La morte straordinaria rischia spesso infatti di far dimenticare tutto il resto. Daniele non aveva superpoteri e la fatalità degli eventi lo conferma: avrebbe potuto essere chiunque di noi, ed è perciò per chiunque l'eredità che ci lascia. Il suo ultimo giorno è stato un giorno di servizio - un servizio oscuro, fatto di travi, cemento e arnesi di carpenteria… Ci restituisce l'immagine della vita che Daniele ha dato: una vita realmente donata non solo per il suo epilogo, ma soprattutto per il modo in cui è stata vissuta… ha dato tutto in tutto ciò che ha fatto, con entusiasmo e freschezza, non importa se per qualcosa di umile o ”sprecato" agli occhi del mondo… lo ha dato col sorriso sulle labbra, com'è stato abituato a vederlo anche chi l'ha conosciuto appena di sfuggita. Ora questa vita, più forte della morte, ci è data infine come un dono da conservare.”

E’ questa eredità preziosa, che ci richiamerà sempre a donarci nel servizio talora oscuro a cui ognuno di noi è chiamato nel suo lavoro quotidiano, che insieme alla mia famiglia vorrei farvi giungere come segno di ringraziamento, commossi anche dalla vostra straordinaria partecipazione al nostro dolore, ma ancora più perché so di poter condividere con voi il sogno di non far mancare  chi continui a seminare speranza proprio là dove essa sembra assente.

Grazie!

Federico Ghillani