Commossi e ragionevoli. Anzi, credenti

E’ ancora possibile vivere la commozione e esercitare la ragione? Dagli Stati Uniti ci arriva una confortante risposta positiva. Zacarias Moussaoui, coinvolto nella strage dell’11 settembre, è stato condannato all’ergastolo. Non gli è stata inflitta la pena di morte, come la Casa Bianca e l’opinione pubblica chiedevano, perché non ha avuto un ruolo diretto, ruolo rivendicato dallo stesso imputato. Il dolore e la rabbia per i morti delle Torri Gemelle non hanno impedito a tre membri della giuria e ad alcuni parenti delle vittime di opporsi a quella che sarebbe stata un’ingiusta sentenza capitale. “America hai perso, io ho vinto”, ha gridato Moussaoui che voleva una morte da martire. Invece davvero in quel tribunale di New York ha vinto la civiltà giuridica, ha vinto quella civiltà occidentale tante volte invocata.
Spostiamoci in Italia, colpita pochi giorni fa dalla violenza terroristica: una bomba ha ucciso tre militari a Nassiriya. Sono stati momenti di lutto nazionale e partecipazione alla sofferenza delle famiglie. Ma tutto questo deve convivere con un giudizio lucido sull’errore della guerra in Iraq e sull’incapacità delle armi di costruire la democrazia e la pace.
Tra dolore e denuncia c’è chi ci ha aiutato a fare un passo avanti, a lanciare lo sguardo oltre. E’ la vedova del maggiore Ciardelli che ha chiesto il battesimo del piccolo Niccolò durante la celebrazione dei funerali del padre. Mostrandoci il senso più profondo della vita, in cui commozione e ragione si abbracciano nella fede.

Giuseppe Bizzi

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