|
Circolo Culturale |
L'archivio parmense del 900 PRG di PARMA dall'unità d'Italia - 3a parte.b Evoluzione urbanistica e Piani Regolatori cittadini PARMA 1856-2001 |
Parte terza |
|
NASCITA DELLA CITTA’ MODERNA |
I P.R.G. DEL SECONDO DOPO-GUERRA PRG (1957-1963) storia, gestione, obbiettivi |
LO SVILUPPO DELLA CITTA’ NEI PRIMI CINQUANT’ANNI - Il Piano Regolatore (1938-1945) - storia, gestione, obiettivi IL PIANO DI RICOSTRUZIONE (1946-1950) - storia, gestione, obiettivi |
LA CITTA’ POST-INDUSTRIALE |
appunti dell'Arch. Marzio PAVARANI Parte terza: PIANO REGOLATORE GENERALE 1969 - 74 I fenomeni caratteristici che hanno interessato Parma e la sua Provincia nell’arco di tempo che va dal 1961 al 1974 possono sintetizzarsi nei seguenti punti:accelerazione del processo di espulsione di mano d’opera dalla campagna,più accentuato nella montagna e nella bassa;stagnazione dei livelli di occupazione nel settore industriale;incremento sostenuto dell’occupazione nel settore terziario,che quanto a numero degli addetti superava lo stesso settore industriale;l’accelerazione degli insediamenti abitativi nei comuni posti lungo l’asse della via Emilia,ma essenzialmente nel Comune di Parma. In conclusione,la distribuzione spaziale delle attività in esame presentava i seguenti caratteri:unità locali di più vaste dimensioni in gran parte localizzate a cavaliere della zona ferroviaria,e della via Emilia;le imprese di più piccole dimensioni erano buona parte disseminate per tutto il territorio entro il tessuto residenziale;modesta era la localizzazione industriale nel Forese,16,8% di addetti contro il 19,5 della popolazione. In questo spazio di tempo l’organizzazione del territorio acquista nuovi elementi per ciò che concerne i rapporti tra l’ambiente e l’uomo:la geografia urbana del territorio impone di considerare la città non più in un contesto a se stante ma in un ambito più ampio espresso nel suo intero contesto territoriale,provinciale e regionale . Influiscono a determinare questo tanti fattori:il miglioramento delle condizioni di vita,diventa il motore degli spostamenti della popolazione e quindi una delle cause della diversità dell’evoluzione quantitativa della popolazione da un luogo ad un altro;altra causa ( in positivo o in negativo) è l’evoluzione demografica naturale per il bilancio tra le nascite e le morti, che nel periodo in esame ha rilevato un andamento parabolico per ciò che concerne le nascite,con aumento della popolazione ,fino al 1969, e stabile fino al 1978( soltanto dopo il 1979 si denuncerà un calo dovuto alla scarsa natalità ed all’esaurimento del ruolo del Comune di Parma in alcuni sui settori occupazionali a favore dei Comuni della cintura urbana ecc…)..A Parma,dove l’Amministrazione comunale aveva rinnovato per finito mandato le rappresentanze,restando dello stesso colore, (al sindaco Enzo Baldassi era succeduto Cesare Gherri) si avvertiva tutto questo;ma non solo proprio in quegli anni s’incominciava a livello regionale ad esprimere risultati di ricerca che mostravano,l’esigenza di forti processi di gravitazione urbana ed economica,ed esprimevano il desiderio di un riequilibrio territoriale inerente alle politiche economico-sociale,per proiettare le tendenze attuali verso il futuro allora riferito fino all’anno 2000. Inoltre l’istituzione della Regione era diventata a statuto ordinario;questo era di portata storica per impostare e realizzare un programma organico di interventi che potesse veramente avere la finalità di una equilibrata scelta produttiva in un assetto razionale del territorio.L’Amministrazione comunale,pensò di formare uno staff di tecnici esterni con a capo gli architetti Osvaldo Piacentini e Franco Berlanda per redigere un nuovo “piano”. Contemporaneamente, diventavano realtà sociali le delegazioni di quartiere dove gli organi preposti,al decentramento democratico amministrativo,si facevano interpreti delle istanze della popolazione per un intervento di partecipazione dei lavoratori e dei cittadini alla trasformazione sociale della città. Il nuovo P.R.G. diventava l’occasione di elaborare un piano intercomunale ,che per la prima volta nella storia della Provincia di Parma,collocasse in un giusto rapporto l’espansione di Parma con lo sviluppo di una larga fascia di altri Comuni guardando attentamente alla collocazione regionale,nazionale ed internazionale della città. Agli architetti,incaricati dello studio del nuovo “piano”,era subito evidente la preoccupazione di raggiungere alcuni livelli da tempo derivati inderogabili:gli standards urbanistici. Le prime indicazioni,sugli standards urbanistici rilevavano che essi dovevano far riferimento a zone con dimensioni tali da contenere 20-30 mila abitanti,suddividendoli in unità più piccole dette settori. Lo scopo era quello di rendere più facilmente controllabili le condizioni civili della città,assegnando alle unità di decentramento,un compito di verifica e promozione ormai indispensabile. Le indicazioni predisposte per il nuovo P.R.G. anticiparono le emanazioni dei decreti del ministro dei Lavori Pubblici 1e 2 aprile 1968 cioè il compito di definire i contenuti minimi in tema di “distanze minime a protezione del nastro stradale da osservarsi nella edificazione fuori dal perimetro dei centri abitati ecc…E’ da specificare che il P.R.G. 1969-’74 è nato simultaneamente alla “legge ponte :ne anticipa i contenuti per alcuni versi, ne subisce tutti i limiti impliciti nel suo travagliato iter e conseguentemente può apparire, sotto certi aspetti, l’espressione di un moderno abusivismo edilizio,se si pensa come certe intenzioni siano state svuotate nel suo ordinamento legislativo. L’intenzione di sopperire ad una carente legislazione urbanistica che, ancora una volta non nascondeva quella tara fondo,la rendita fondiaria, attraverso quello che venne chiamato “un piano aperto”, nel caso specifico di Parma diede adito a travisare determinate situazioni fino a provocarne la falsificazione dei suoi intenti denunciati in quello,definito per antonomasia lo “scandalo edilizio”. Tuttavia,la lettura che oggi diamo del P.R.G. nel suo complesso non deve essere condizionata da questo episodio anche se esso limiterà nelle sue aspettative, l’immediato sviluppo della città e di conseguenza la vita dei sui cittadini. Ed è giusto ricordare ,come subito venne presa in considerazione l’analisi delle specializzazioni territoriali e delle attività produttive, al fine di verificarne la necessità di determinare gli standards urbanistici sufficienti per servire il territorio comunale che nello studio finale,si prefiggeva il compito di precisare le aree ambientali e i quartieri su cui applicare i calcoli degli standards stessi,(tenuto conto che li termine di quartiere è qui usato in senso urbanistico,e quindi solo per analogia riferibile alla suddivisione creata con il decentramento democratico amministrativo). Fin dai primi tempi in cui si iniziava il progetto del nuovo “piano”, s’è sempre tenuto in grande considerazione l’esistenza di articolare i quartieri,in modo da calibrare sulla base delle unità minori,i servizi previsti. Il calcolo del fabbisogno delle aree,la ubicazione dei principali punti d’incontro della vita collettiva,le scuole i giardini i mercati, gli impianti sportivi, vennero indicati con precisione alla fine di diventare materia di controllo popolare Attraverso la regolamentazione di nuovi indici doveva essere sottolineato un nuovo parametro,che consentiva, di determinare con maggior sicurezza dei precedenti (altezza superficie massima coperta,densità e distacchi dai fabbricati e strade) quei gradi di libertà con i vincoli che permettendo un continuo aggiornamento della tipologia edilizia,volevano garantire un miglioramento costante dell’aggregato urbano. Nello stesso tempo la formulazione della “ legge ponte”sottolineava che le convenzioni con i proprietari delle aree sono legittimi solo quanto acconsentono a Piani di Lottizzazione che a loro volta attivino previsioni di un P.R.G. Si riconosceva ai privati di proporre piani attuativi purché segnino le indicazioni contenute nel P.R.G. stabilito dall’Ente pubblico. Ai proprietari delle aree,per la prima volta spettavano gli oneri di urbanizzazione primaria ed una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria con tempo dieci anni entro i quali le opere dovevano essere ultimate. Alla luce di quanto illustrato,sapendo che la 765(legge ponte )poteva essere provvisoria si volle anteporre all’adozione dello strumento urbanistico definitivo una serie di provvedimenti restrittivi;tali provvedimenti erano propensi a consentire da un lato di poter con tranquillità operare delle scelte precise nell’ambito del territorio senza vederle continuamente compromesse da interventi edilizi indiscriminati,dall’altro di correggere gli errori più gravi del vecchio “piano” ed indirizzare il processo dell’ iter produttivo verso un corretto modo di costruire la città. Ma nella primavera del 1968 il meccanismo di vincolo veniva rimesso in discussione con una sentenza della Corte Costituzionale (n. 55)…il vincolo diventava a tempo indeterminato,senza indennizzo e perciò costituzionalmente illegittimo…in quanto in contrasto con gli artt. 3 e 42 della Costituzione,gli artt. 7 e 40 della legge del ‘42… In tutta Italia ci furono colossali richieste di licenze edilizie;anche Parma non ne fu immune. Nettamente inferiore ad altre città d’Italia,riferita ai valori fino al 1964 ,(anno di massimo boom edilizio) e senz’altro superiore al periodo di crisi dell’edilizia compreso tra il 1964 e il 1967. Allora sulla base degli indirizzi della “legge ponte” si abbandonò la strada dei “piani” disegnati per sostituirli con piani programmatici che fissassero le grandi direttrici di sviluppo e le norme attraverso le quali le premesse del “piano” potessero diventare realtà operanti. Questo,processo di pianificazione “aperta” costituirà le caratteristiche di piano operativo,in contrapposizione ai “vecchi piani” che esercitavano soltanto una funzione vincolistica.L’intenzione era quella di accogliere nel tempo tutte le istanze nuove che via ,via si presentavano,al fine di organizzare e razionalizzare le nuove condizioni di sviluppo che si prospettavano per il futuro. Tutto questo ed altro,negli anni a venire(1969/’70)veniva scritto e tutt’ora agli archivi ,in un rapporto redatto dal Comune per un programma di attività poliennali:1969/’73:il terzo capitolo della seconda parte è dedicato all’urbanistica. Per quanto riguarda,più specificatamente, la gestione del piano si deve partire citando un piano embrionale del ‘ 67 il quale non ebbe molta fortuna. Nel 1968 a meno di un anno di distanza ne è stato adottato un altro e finalmente,dopo diverse discussioni,ci sono state modifiche al “piano”che sono sfociate nel settembre del 1969 piano che è stato adottato e che è stato portato a Roma per l’approvazione. Dal 1967 al 1969 diverse sono state le riunioni sia nell’ambito del Comune che fuori; infatti varie volte il piano era stato portato al di fuori di quello che era lo staff operativo:era stato discusso alle assemblee di quartiere(allora si diceva così),in tutti i tredici consigli di quartiere ecc.. Tale “piano” mandato a Roma(erano gli ultimi anni del Ministero ai Lavori Pubblici per quanto riguardava la competenza sui P.R.G.) non venne approvato,per l’esattezza, “non lo ha bocciato” dando una serie di indicazioni piuttosto lunga con suggerimenti e modifiche per il “piano” stesso. Consigli e suggerimenti che sono stati presi in considerazione(fu subito evidente lo scomodo discorso inerente la viabilità,che prevedeva l’attraversamento,con un asse attrezzato sul Lungoparma, congiungere la città direttamente da nord a sud).Quindi, riadozzione del “piano”nel ‘70(era la quarta in ordine di tempo nel piano che era nato nel67);un’altra riadozzione nel71 un'altra nel ’73 e finalmente il 23/4/ 1974 è stato adottato quel piano che nell’ottobre dello stesso anno venne approvato dall’Ente Regione a Bologna. Ed ancora nel P.E.E.P.elaborato nel ’72 con le caratteristiche previste dalla legge n. 865 del 1971,non si fecero più case singole ma si disegnò una tipologia con case a schiera,a torre ecc.. con varie altezze in base alle zone cui venivano ubicate,con ampi spazi a verde; volendo interpretare anche i suggerimenti di un moderno lignaggio architettonico, del tempo, l’interpretazione delle varie tipologie abitative tenderanno ad essere più omogenee tra di loro. Infine è da segnalare l’istituzione del CER(comitato per l’edilizia residenziale);con la legge 865 tale comitato aveva la facoltà di elargire i fondi ritenuti necessari alle singole regioni e indicare la scelta dei soggetti esecutori pubblici i quali venivano individuati esclusivamente,negli IACP,e privati quali cooperative edilizie. Altre segnalazioni a completamento del decennio in corso vengono fornite dalla variante al P.R.G. del 1978(la prima di una lunga serie) e la “ Disciplina particolareggiata per il centro storico” adottata il 14/2/80 e controllata senza rilievi dalla C.C.R.E.R. in data 23/3/82, che costituisce il primo importante momento di adeguamento alla nuova legge urbanistica regionale (L.R. 47/78)
sopra: Suddivisione del Territorio Comunale in quartieri
Parte terza: PIANO REGOLATORE GENERALE 1969 - 74
CARATTERI GENERALINel disegno generale del “piano” il centro direzionale è il primo dei grandi servizi indispensabile per coagulare una serie di interessi attorno alla città in espansione. Esso si snodava lungo un asse viario il quale doveva costituire la spina dorsale dell’intero sistema attraversando la città da nord a sud. In fase di elaborazione di piano si voleva con questo strumento collocare l’espansione direzionale dei servizi,l’esecuzione della residenziale e produttiva lungo la direttrice alternativa di sviluppo nord-sud ottenendo una inversione delle tendenze “spontanee”collocando la città in posizione baricentrica rispetto agli interessi dell’intera Provincia.( Valle del Ceno e del Taro a sud,collegata con la direttrice per Casalmaggiore a nord).La concentrazione delle zone residenziali di espansione e dei grandi servizi in direzione di Gaione, Langhirano e la collocazione degli insediamenti produttivi a nord del casello dell’autosole completavano il disegno iniziale del piano. Il programma delle localizzazioni industriali, comportava un dimensionamento delle stesse collocate a livello intercomunale. In tal senso, il sistema degli insediamenti industriale faceva perno su tre centri dei quali quello del capoluogo è posto a nord dell’autostrada mentre gli altri due sono posti allo sbocco rispettivamente della valle del Taro e della valle dell’Enza a Fornovo e Traversetolo. Il tessuto connettivo veniva rappresentato dalle grandi strade di comunicazione e dalla continuità delle aree verdi le quali,dipartendosi dall’interno della città insediata,dovevano raggiungere nord e a sud le aree del tempo libero,aprendo la città verso il suo territorio. Altra osservazione la modifica radicale dell’espansione della città portava a considerare l’integrazione delle aree agricole con il territorio urbano,a cui doveva rispondere una normativa che riguardando,le aree residenziali di espansione e le aree produttive prevedeva interventi pianificatori di grandi dimensione di cui il territorio,potesse togliersi dall’attuale degrado dovuto anche dalla frammentarietà delle funzioni. Infine, essendo la zona storica in un grado di cogestione da non sostenere ulteriori localizzazioni di attività direzionali e per contro la periferia ridotta a quartieri privi dei dovuti standard fu indispensabile pensare all’impianto di un nuovo centro direzionale alternativo alla stessa zona storica. La scelta dello sviluppo nord-sud imponeva una specifica qualifica alle vocazioni territoriali fra centro storico, direzionale residenza,industria ,verde agricolo,attraverso una rete viaria differenziata. Tutto questo andava collegato,grazie alla direttrice di sviluppo nord-sud,ad una viabilità che investendo,non solo l’ambito provinciale ma anche l’entroterra emiliano,collegasse il porto di La Spezia,(da una parte) e l’Autostrada del Brennero(dall’altra),favorendo i traffici commerciali verso l’Europa;Parma avrebbe dovuto acquistare l’importanza commerciale che per la sua posizione geografica meritava e merita. Diventava prioritario il pensiero di un “centro direzionale”dove potessero insediarsi attività direzionali vere e proprie senza trascurare il problema della salvaguardia del centro storico con tutto ciò che poteva essere ad esso annesso e connesso. In tal senso come obbiettivo principale di ristrutturazione urbana,veniva stabilito un razionale equilibrio fra gli insediamenti delle attività direzionali dei vari settori produttivi e commerciali, da un lato,e le attività direzionali pubbliche dall’altro,ammettendo fra le destinazioni d’uso anche quelle notturne(svago ed incontro)al fine di assicurare una continuità di vita dell’intera giornata. Venivano pertanto indicate le destinazioni d’uso del centro direzionale nelle seguenti attività:commerciali,amministrative,sanitarie,sportive e socio culturali. L’Università occupava,rientrando nelle attività sopra citate un capitolo a parte in quanto il nuovo insediamento universitario fu uno dei problemi che maggiormente impegnarono la stesura del P.R.G.Rilevando che l’Università doveva essere intesa come servizio sociale,il complesso universitario si poneva come scopo quello di una integrazione con la città stessa;le componenti più significative vedevano il complesso universitario considerato ,anche se collocato a sud del capoluogo,in una integrazione pianificata con la città grazie all’asse direzionale nord-sud,e stabiliva un piano programmatico poliennale che considerasse una Università costruita secondo un sistema continuo dove dovevano trovare posto tutte le facoltà ed alloggi per studenti oltre ad impianti sportivi.
sopra: Campus Universitario
URBANIZZAZIONE PRIMARIA 1) Opere idrauliche
2) Opere idriche 3) Illuminazione
pubblica. Gas
sopra: Cepim di Fontevivo VIABILITA’, DESTINAZIONI ARTIGIANALI ED INDUSTRIALI Carattere prioritario
del P.R.G.era nell’ambito della salvaguardia generale del territorio ed
in particolare del centro storico, erano le misure di decongestionamento
ambientale e quindi la promessa di una restituzione alla vivibilità del
territorio. In tal senso un grosso
capitolo veniva destinato alle infrastrutture per la
comunicazione;attraverso uno studio dove venivano individuati tre tipi
fondamentali di viabilità (regionale,comprensoriale e di quartiere) lo
studio esaminava una
dimensione territoriale del problema mettendo Parma al centro di una
Provincia con relazioni economiche molto ampie e rappresentata come luogo
di localizzazioni preferenziale di alcune frazioni centrali di
mercato,amministrative,culturali e commerciali per tutto il suo territorio
d’influenza e non solo ma anche in sede di piano intercomunale e
regionale.A tale scopo veniva individuata
una morfologia della rete viaria sia per i mezzi individuali che
per i trasporti pubblici tesa a rompere definitivamente con lo schema di
tipo monometrico,proponendo un sistema infrastrutturale caratterizzato da
un reticolo viario ortogonale,dove quei tracciati (ortogonali)erano
destinati a costituire gli assi della viabilità principale nord-sud. Lo
scopo di favorire un più accelerato sviluppo della bassa padana e della
zona collinare venivano accontentate;la viabilità interregionale poteva
esprimersi nel collegamento Cisa –Brennero il quale dando senso alle
scelte attuali,in quanto fautore di una innovazione di tendenze allo
sviluppo est. –ovest,incontrava il parere favorevole della Regione. La
Regione proprio in quegli
anni vedeva favorire Parma anche nella necessità di organizzare un centro
merci nella sua area occidentale in appoggio al sistema portuale La
Spezia-Livorno individuato nel parmense lungo la direttrice Autocisa
–Cispadana;ed ancora nel quadro di riequilibrio in senso nord-sud della
vita economica e produttiva della Provincia di Parma acquistava interesse
il progetto della Val Taro,come altrettanto importante era l’attenzione
per lo sviluppo economico industriale del comprensorio Borgotaro-Bedonia;una
azione tesa a favorire l’occupazione in loco per mezzo alla adozione di
infrastrutture a tipo “aperto”(non come l’autostrada semplicemente
di scorrimento).Per quanto riguarda la viabilità di tipo urbano
l’innesto con il vecchio sistema monocentrico proponeva il collegamento
diretto nord-sud costruito con un asse attrezzato passante sopra il
torrente Parma. In tal senso l’asse attrezzato (asse principale)
congiungendo direttamente i poli opposti della città avrebbe dovuto
correre da Colorno a Fornivo sdoppiandosi in prossimità della città in
due percorsi dei quali l’uno camionale che lambiva ad ovest la città,
l’altro prevalentemente destinato ai mezzi pubblici e alle auto private
doveva collegare tra loro i punti fondamentali della città(aree
industriali, casello autostradale,ferrovia ecc..);sempre in direzione
nord-sud si configuravano altre direttrici:la provovenienza da Baganzola
attraverso la circonvallazione ovest della Villetta,la provenienza
da Mezzani attraverso via Trieste,via Mentana ecc.. la correzione della
via Emilia che formando un grande anello collega la zona dei mercati con
via Mantova e via Emilia S.Lazzzro. Venivano indicati come interventi
prioritari il collegamento a nord tra il Ponte Bottego ed il casello
autostradale,realizzando una corsia dell’asse attrezzato e, a
sud,collegare il Ponte Italia
con strada Laghirano provvedendo altri svincoli in prossimità
del Ponte Dattaro,sul nuovo ponte sul Parma previsto con la
confluenza con il torrente Cinghio. Infine far proseguire,l’asse oltre
il Baganza fino alla confluenza dell’asse nord-sud,di supporto alle zone
universitarie. La nuova funzione direzionale della città doveva trovare
la sua localizzazione spaziale lungo l’asse direzionale interno e al suo
asse di supporto della nord-sud Baganzola via Farnese. Lungo il primo asse
di sviluppo era intenzione concentrare la nuova zona industriale,il
casello auto stradale l’incrocio di scambio tra asse e tangenziale
est-ovest sostitutiva della via Emilia la stazione FF.SS.,la zona dei
grandi servizi cittadini comprese tra il lungo Parma e le vie
Cavour,Garibaldi,Farini(zona alberghiera,musei,banche,uffici ecc..)La
prosecuzione dell’asse oltre a lambire un centro di quartiere,era
predisposta a creare una struttura portante per il centro direzionale di
nuovo impianto dimensionato ai centomila abitanti;esso,veniva ideato per
uffici pubblici,commerciali, la zona fieristica ecc…nonché aree di parcheggio e il “terminal”delle autolinee
proveniente da sud. Le indicazioni del P.R.G. -si legge nella relazione
del “piano”hanno tenuto conto anche di una visione comprensoriale,in
quanto sono partite dal presupposto di limitare l’espansione della
città in senso tradizionale monocentrico...adottando il tipo di
espansione policentrico-decentrato(città-territorio)per portare lo
sviluppo economico demografico cioè l’effetto città su tutto il
territorio comprensoriale. La vietata realizzazione dell’asse-attrezzato
nord-sud,ed una sua impossibile alternativa imposero altre scelte le quali
vennero successivamente espresse nella variante fatta al P.R.G.nel 1978.
Per mantenere la morfologia viaria del “piano”le alternative
principali erano due;una fornita dall’asse camionale esterno il quale
dipartendosi dalla statale della Cisa si collega alla viabilità
principale Nord ed all’Autosole(ad esso veniva attribuito il compito di
recuperare per quanto attiene il traffico pesante e di attraversamento
anche la bretella di via Langhirano-località Scarzara-per la provenienza
dalla e per la Val Parma).L’altra,essendo il territorio a sud della
città diviso in tre settori dai fiumi Parma e Baganza e vivendo
essenzialmente su tre assi viari:statale della Cisa,per la Val Taro Prov.
di Langhirano per la Val Parma,statale di Traversatolo per la Val
d’Enza,lo sfruttamento degli assi stessi descritti. Per questi tre assi
una volta raggiunta la zona urbana si prevedeva:per quello ad est(via
Zarotto ecc..)distribuzione locale e verso gli assi ortogonali ad esso in
corrispondenza con la città la prosecuzione in direzione nord sulla
Parma-Mezzani verso le aree industriali e distributive e verso i centri
della bassa parmense;per quello a ovest(S.S.della Cisa) la realizzazione
della tangenziale Ovest e a breve termine un asse che dalla statale della
Cisa si inserisca in via S.Pellico quindi in via Fleming attraverso un
tratto di circa 300 m. di lunghezza per poi, attraverso un nuovo
sovrappasso della linea ferroviaria MI-BO si colleghi alla viabilità dei
Mercati(e quindi quella che prosegue verso nord) dove una sola modifica
veniva suggerita per consentire a tempi brevi attraverso il ponte sulla
Parma a nord di quello ferroviario il congiungimento della zona Mercati
con via Moletolo. Il terzo asse(via Langhirano)interessante
la Val Parma era destinato in prossimità della città alla confluenza con
l’asse ovest in località Scarzara,per il traffico di attraversamento e
quello pesante con direzione nord, mentre all’altezza del ponte
Cinghio,con una deviazione est ed un ponte sul fiume il collegamento al
lungo Parma per la penetrazione urbana. La viabilità latitudinale,veniva
confermata nelle sue linee generali sia territoriali che particolari
nell’ambito urbano.Con il sacrificio dell’asse attrezzato detonando a
più assi esistenti la funzione che esso prima aveva veniva ,per
conseguenza sacrificato il direzionale urbano, mentre per quelli di
quartiere si è proceduto ad una sostituzione con zone miste per
attrezzatura e residenza,riqualificando le stesse in base a nuove
dimensioni di standards. La variante del gennaio 1978,abbassava nelle aree
di espansione l’indice di edificabilità del P.R.G.da2,2 mc/mq
a1,5mc/mq,con la previsione di piano particolareggiato. Considerando la
dotazione degli standards complessivi per ogni abitante essi si vedevano
aumentati da mq 82,34(1974) a mq 94,80(1978)con un incremento di mq 12,46
per abitante;l’aumento era in gran parte era dovuto sia alla diminuzione
degli abitanti insediati,sia al reperimento di nuove aree. Inoltre
com’è noto,il P.R.G.era caratterizzato da una massiccia presenza di
direzionali urbani e di quartiere. Mentre il primo tipo di direzionale era
il modello per eccellenza ad integrare l’espansione della città a sud i
direzionali di quartiere avevano il compito di una qualificazione delle
aree periferiche che lamentavano l’assenza di servizi urbani e sociali.
La perdita dell’asse attrezzato comportava l’eliminazione del
direzionale urbano e conseguentemente l’integrazione delle funzioni
direttamente connesse ad esso che nel contempo sorgevano come
“cattedrali nel deserto”(il riferimento al Campus Universitario
a sud della città è significativo).Positiva ,invece era la
volontà, di mantenere (riducendo le aree) l’espansione
residenziale,localizzata in particolare a sud(tre aree) dell’aggregato
urbano,e la conversione anche in altre parti della città(una) nel
settore(nord-est); questo ha dato facoltà
di accedere direttamente ai servizi grazie al collegamento dei
quartieri, con i tre assi
viari(sud via Langhirano est via Traversetolo e ovest S.S. Cisa)riducendone
contemporaneamente i costi di urbanizzazione generale. Analogamente, i
direzionali di quartiere,venivano indicati nella variante ’78 come zone
miste per attrezzature e residenza “con le caratteristiche di
destinazione previste all’art. 27 della legge 865/1971 tanto pubbliche
che private con esclusione di quelle attività produttive di tipo
industriale e quelle non compatibili con la zona residenziale circostante
per ragioni di salute pubblica.”Il volume totale edificabile, per la
residenza era indicato nel limite del 30% per direzionale di quartiere. Il
P.R.G. 1969/74 si preoccupava di specificare,visto l’evidente carenza di
infrastrutture di carattere sociale e di carattere tecnologico,le
destinazioni d’uso per le aree industriali e artigianali. I problemi
quali il dimensionamento economico,per sostenere il costo di impianti e di
gestione di tutte le infrastrutture,l’organizzazione dei servizi
interni(mensa,infermeria,campi da gioco,parcheggi ecc..) e dei servizi
esterni(organizzazione dei servizi pubblici per il trasporto di
addetti,scuole di qualificazione del personale ecc…)venivano esaminati
con propositi atti ad ospitare un rilancio economico di cui le nuove
localizzazioni,(considerando anche la mobilità delle piccole e medie
industrie)avrebbero favorito. In tal senso venivano formulate ipotesi in
base a tali indicazioni il P.R.G. formulava due ipotesi d’intervento a
breve e a lunga scadenza. A breve scadenza si precisava “che per il
calcolo di fabbisogno di aree industriali si sono tenuti validi i dati
desunti dall’analisi della situazione industriale, esistente dal 1961 e quindi una nuova classificazione per un loro
futuro per l’ immediato trasferimento,al fine,anche, di dare la
possibilità di una vita migliore al tessuto residenziale;le zone
artigianali venivano sollecitate a trovare idonee collocazione nelle aree
destinate insieme agli insediamenti industriali derivanti dalle ipotesi
che l’assetto urbano contemplava: 1) trasferimento delle attività industriali che dovevano essere espulse dal tessuto residenziale; 2) la dotazione di opportune infrastrutture di servizi di varia natura,delle zone esistenti che nel “piano” vengono classificate industriali; 3) la previsione di aree di espansione o di completamento dell’attuale zona industriale; 4) la previsione,secondo
una scelta prioritaria,delle reti infrastrutturali,sulla base di una
chiara definizione delle connessioni intercorrenti fra zone industriali,le
altre zone e le vie di comunicazione”. A lunga scadenza,si
prese in esame la tendenza di concentrare il più possibile tutte quelle
iniziative industriali,le quali assorbendo manodopera(in particolare
quella lasciata libera dall’agricoltura)fosse in grado di dare risposte
di occupazione, a livello industriale;prevedendo,un modello di sviluppo
già sperimentato in altre nazioni in cui c’erano situazioni simili,i
criteri ubicazionali vennero assegnati secondo una possibilità di accesso
secondo un parametro spazio –temporale;tutto questo significava creare
un sistema di zone le cui
caratteristiche presupponevano rapidità di movimenti e di interscambi non
solo in ambito comprensoriale ma in previsioni future essere di più ampia
portata(il ruolo di snodo nel passaggio di merci fra il nord ed il sud
d’Europa è stato fin dall’inizio alla base di queste scelte).ma
poiché tali ipotesi non potevano essere definite in un campo
gravitazionale parziale,quale il P.R.G. venne affrontato il problema, per
un territorio di maggiore ampiezza, corrispondente all’area del
comprensorio urbanistico ipotizzato per Parma e delle sue propaggini nei
fondovalle di Enza e di Taro.Poichè, il grado di urbanizzazione del
territorio era piuttosto modesto, (comuni lungo il Po, Comuni posti in pedemonte, per ridursi a fondovalle e scomparire nei territori montani) si
rese necessaria una operazione di riequilibrio, e da tale scopo vennero
predisposti gli atti per la costruzione di un” Consorzio per le aree
industriali” che interessasse tutto
il territorio sopra descritto. In tal senso essendo tale operazione in
sintonia con i programmi della Regione, (essa era stata a sua volta divisa
in consorzi intercomunali al fine di delimitarne le aree di influenza di
ogni singolo polo e quelle che presentano spiccati caratteri di
omogeneità) il Consorzio di Parma (rappresentato da tutti i Comuni ad esso
aderenti) assumeva particolare importanza proprio per le sue vocazioni
territoriali. Con la costruzione del Consorzio secondo il P.R.G. veniva
individuata sul lato nord della città,in organica collocazione del quadro
delle più funzionali linee di comunicazione di traffico,sia ferroviarie
che fluviali la sede industriale principale;inoltre esistendo da alcuni
anni le nuove arterie autostradali del Brennero e della Cisa,in diretto
collegamento alla autostrada del Sole,Parma veniva posta veniva posta in
un centro vitale,per l’Emilia, specialmente per quanto riguarda il la
zona nord verso Colorno e Mantova. Nascevano, le società per azioni con la
partecipazione del Comune di
Parma, con obbiettivo fondamentale di una realizzazione concreta delle
direttrici fondamentali di sviluppo economico sociale di comprensorio essi
erano:1)Insediamenti produttivi parmensi S.p.A. quale doveva assicurare
razionalità ed organizzazione alla sistemazione e organizzazione e allo
sviluppo degli insediamenti produttivi del Comune capoluogo,con
reperimento l’attrezzatura e la cessione di aree nelle quali potranno
trovare idonea collocazione le imprese industriali,commerciali e
artigianali che fino ad allora erano sparse nel territorio. (Enti
costituenti:Provincia, Comune,Camera di Commercio,Unione Industriali
ecc..) 2) La finanziaria Fiere S.p.A. la quale aveva come principale oggetto
la creazione di un quartiere fieristico e quindi la costruzione degli
immobili destinati alle manifestazioni promosse dall’Ente.. dando per
scontato la costruzione di tali edifici nord della città ecc.. 3)Centro
Padano interscambio merci S.p.A. in località Fontevivo un complesso di
opere e di impianti col preciso scopo riconsentire la ricezione, la
custodia la manipolazione e lo smaltimento delle merci. La variante al
“piano” del ‘78 poneva due correzioni;una riguardante le attività
artigianali in particolare quelle che trovavano grossa difficoltà ad
affrontare trasferimenti in aree molto decentrate,oltre i 5 Km dalla
città;l’altra un ridimensionamento nella zona a nord
dell’autostrada,in Ha 47.85.00 circa che corrispondevano
all’insediamento già in atto gestito dalla S.p.A. -S.P.I.P.(Società
Parmense per gli Insediamenti Produttivi). In tal senso ad ovest della
città (in una zona estesa per ettari 32.36.00) Ha 4.72.00 previsti in
completamento, ubicati a ridosso di insediamenti già esistenti,sono stati
desinati a verde pubblico di quartiere mentre una seconda parte più
esterna di Ha 12.93.00 previsti in espansione,è stata in parte destinata
a rispetto dell’abitato e una parte per Ha 14.71.00 all’espansione per
insediamenti produttivi artigianali.Poi,sempre per evitare onerosi
trasferimenti e costosi allacciamenti, nel settore nord-est a ridosso
della città,per H 10.65.00,ubicata in prossimità di via Mantova(zona
artigianale già spontaneamente esistente) si coglieva l’occasione per
assegnare all’intero comparto che era rimasto emarginato oltre la
tangenziale e la ferrovia,un potenziamento dello stesso in concomitanza
con la residenza. La variante ’78 per la zona industriale conservava le
caratteristiche dettate dal P.R.G.;mentre per quelle artigianali si resero
necessarie alcune modifiche suggerite dalle esigenze della categoria
“allargando in questo modo la fascia di colore,che potranno aderire a
queste nuove iniziative”. Venivano conservati gli indici di
utilizzazione vigenti prevedendo,la possibilità di frazionamenti in sede
di studi planivolumetrici preventivi,fino ad un minimo di 1000 mq di
superficie fondiaria netta. Il P.R.G. teneva anche in grande
considerazione l’assetto agricolo del territorio,quindi era evidente
l’obbiettivo di esaminare quelle che allora venivano definite “culture
di attesa”; in conseguenza di un forte processo di
industrializzazione,s’era creata l’aspettativa
di una destinazione del suolo agricolo alla urbanizzazione e ne risultava
così compromesso il futuro sviluppo. Inoltre la vicinanza urbana
costituiva l’elemento decisivo nella scelta opzionale tra i lavori in
agricoltura o altri rami di attività. In base a queste considerazioni
venivano fatti studi economici, sociologici che tenessero conto della
produzione agricola della sua dimensione aziendale e di un fabbisogno di
manovalanza con la sua qualificazione professionale(e di conseguenza stima
della possibilità di localizzazione di nuovi insediamenti) ,e tutto in
previsione anche di un” futuro mercato agricolo
europeo”. Le linee d’intervento si sintetizzavano
in: 1) consolidamento,economico e strutturale delle aziende in particolare
di quelle dirette coltivatrici e contemporaneamente lo sviluppo a forme
associative e ristrutturazione dei servizi ecc.. 2)qualificazione
professionale dei produttori e dei lavoratori agricoli,potenziamento degli
indirizzi culturali e produttivi rispondenti alle vocazioni territoriali
ed alle pendenze positive in atto. 3) miglioramento dei servizi pubblici di
carattere sociale nelle campagne e nei piccoli centri con prevalenti
interessi agricoli.
sopra: Fiere di Parma
ASSISTENZA E SANITA’ Il P.R.G. indicando,il
bisogno in relazione alla popolazione,dei servizi medico-assistenziali,sia
nel Capoluogo che nella Provincia,favoriva criteri metodologici che sono
stati alla base della costruzione del nuovo Ospedale;tale
programmazione,come le altre relative a tutte le attività appartenenti al
sistema terziario,(questa in modo particolare)veniva dilatata in tempi
quinquennali,che con l’acquisto di
aree potenziassero la capacità recettiva dello stesso dando vita
alla realizzazione del mono blocco altrimenti conosciuto come”Ospedale
dell’avvenire”. P.E.E.P. L’analisi sulla dinamica della popolazione residente sul fabbisogno del Comune di Parma aveva indicato,come conclusione, la necessità di costruire entro il 1973 da 74.000 a 98.000 nuovi vani nella sola città e 17.000 nuovi vani nel Forese.Complessivamente,si prevedeva di costruire da 91.000 a 116.000 vani in tutto il territorio comunale. Inoltre,si calcolava che fosse effettiva la domanda di sostituzione di secondo grado e cioè di alloggi sprovvisti di bagno e di impianto di riscaldamento,per cui occorreva aggiungere un fabbisogno di altri 17.000 vani nella città,il cui bisogno totale risultava compreso fra 97.000 e 124.000 vani. Il piano diventò operativo con decreto del ministro dei LL.PP. del 30/9/’65 n°517 e come disponeva la legislatura,l’arco di tempo per realizzare il piano,era di dieci anni. Queste zone,venivano inquadrate nel P.R.G. quale da subito ha subito un’estensione di aree urbanizzabili anche se la previsione di standard ottimali ha determinato l’abbassamento dell’indice territoriale previsto in fase di studio.Quindi,con decreto delLL.PP. sopra citato,dal 1963 al 1973 si sono costruiti i P.E.E.P:Emilia sud(1963) Emilia nord(1973) Volturno(1973) Zanguidi(quartiere Montanara 1973) poi sempre con lo stesso decreto Baganzola(1981)eCorcagnano(1987).L’ipotesi di partenza era di avere una densità fra i150-200 abitanti per ettaro in città e 100 abitanti per ettaro nelle delegazioni e si ottenne un dimensionamento totale di ettari 374 di cui 352 nella città e ettari 22 nelle delegazioni. Veniva indirizzato lo sviluppo residenziale,verso sud operando alcune varianti nell’acquisizione delle aree per l’edilizia economica popolare.Infatti, il P.R.G.nel rielaborare il P.E.E.P. ,il quale otteneva qualche anno dopo un ulteriore spinta con l’entrata in vigore della legge n°865 del 22/10/’71,tenne in rilevante considerazione,le aree che precedentemente erano state vincolate. In armonia con queste indicazioni i due nuovi comparti Cinghio nord e Cinghio sud (cito un esempio) che costituirono la parte principale delP.E.E.P.(1972) venivano ubicati tra il torrente Baganza e il torrente Parma e precorse dal torrente Cinghio e dalla via Montanara .Sostanzialmente,la scelta dell’area seguì le indicazioni e le linee del nuovo “piano” abbandonando quelle scelte di direzioni radicali secondo uno scema centrifugo dettatati dal vecchio “piano”. Per le dimensioni modeste dei nuovi insediamenti abitativi,non si poté provvedere a tutti i servizi,(ex:scuole,asili ecc…)per cui si colse l’occasione di integrare le dotazioni dei servizi che erano stati previsti dal P.R.G. diminuendo complessivamente, gli indici di edificabilità. In tal senso,era intenzione di dare una migliore fruizione delle aree,sia di quelle destinate all’edificazione per un più razionale sfruttamento sia a quelle destinate a servizi per una migliore e maggiore disponibilità. Il comparto Emilia nord ad esempio,con una estensione di 64 o70 mq. ed un volume edificabile di 76.560 mc veniva calcolato con una densità di popolazione di 119 ab. Per ettaro. Il comparto Montebello,estensione 29.880 mq.e volume di 52.226 mc. per la densità più alta di popolazione e cioè 174 ab/ettaro,in quanto essendo il comparto più prossimo al centro della città doveva inserirsi in armonia con la struttura urbana esistente ecc…La tipologia edilizia veniva indicata:1)edifici a torre da costruirsi in vicinanza delle grandi arterie(alti 30 m. costituiti da due elementi verticali a pianta stellare ecc..)2)elementi pluripiani(veniva specificato il loro andamento degradante mano a mano che si procedeva dalla dorsale di un fiume ecc..)3)case a schiera ubicate in prossimità dei fiumi ecc.. La variante al piano del gennaio 1978 doveva ,in considerazione del fatto che non esisteva più l’asse direzionale legato al sistema dei direzionali urbani,operare in un contenimento dei costi di urbanizzazione generale,optando la scelta di nuove aree in relazione stretta con le infrastrutture a loro confacenti. Le aree, erano quattro di cui tre a sud ed una nel settore nord est. Per l’area a sud(ha23. 46.00) si ritrattava di confermare una scelta di piano con il nuovo insediamento nella zona di via Montanara il cui primo stralcio nel 1978 era già in corso di esproprio(collegamenti viabili l’esistente via Montanara che si inserisce sulla bretella Langhirano-SS. della Cisa per la direzione nord-sud ecc..)Una seconda area in contatto immediato con la città,essa protendendosi verso sud,risultava inserita fra due zone a verde pubblico ed era compresa nella zona del direzionale urbano previsto dal P.R.G.(estensione 14.000 ha. corrispondenti a circa 2233 ab. Applicando un indice territoriale di 15.000. mc/ha. La terza zona era scelta nel settore sud-est in prossimità dell’asse via Traversatolo,Zarotto-Parma Mezzani.(era l’area più vicina nel tessuto già urbanizzato)Essa rappresentava quantitativamente la più considerevole delle aree residenziali di espansione,(ha. 35.51.00 corrispondenti a 5326 ab.).La quarta zona destinata ad espansione residenziale veniva localizzata nel settore nord della città(s’era venuti incontro anche ad una richiesta manifestata con insistenza dai consigli di quartiere,i quali la vicinanza agli impianti produttivi determinava in continuazione una forte richiesta di alloggi di tipo economico).Una scelta che usciva decisamente dagli scemi del P.R.G. ed aveva il compito di “rivitalizzare” il tessuto urbano esistente; gravitare sulla zona residenziale di viaVenezia,e attraverso un potenziamento dell’insediamento fino a raggiungere (così è scritto nella relazione della variante’78)i 2500-2700 abitanti dava la possibilità di attrezzare il comparto con tutti i sui servizi.(l’estensione prevista si aggirava, sui 9.73.00 ha. con possibilità di insediare circa 1450 abitanti.
ATTIVITA’ COMMERCIALI Per quanto attiene al commercio il piano classifica la rete distributiva per funzioni e collocava i punti vendita e di scambio nel complesso disegno della città; il commercio all’ingrosso per l’approvvigionamento delle industrie al nord della città,e per il commercio al minuto non alimentare e per grandi magazzini il” piano” predisponeva per ogni quartiere(nel quale la città era stata suddivisa ) un centro di quartiere particolarmente predisposto per questa funzione. In tali centri,venivano proposti nuovi servizi con funzione anche polivalente come ristoranti, bar, cinematografi ecc.. Infine,per quanto riguardava il commercio al minuto dei generi di prima necessità, il “piano” prevedeva che i punti di vendita distribuiti nei quartieri di nuovo impianto fossero localizzati in modo tale da essere raggiungibili a piedi con uno spostamento non superiore ai 300-400 ml. lungo strade ciclabili o pedonali.Propio in questi anni,veniva emanata la legge n°426(11/6/71) la quale attraverso il relativo regolamento di esecuzione,specificava meglio i compiti che un piano commerciale poteva avere all’interno di un P.R.G.Inoltre,tale legge oltre che istituire un albo dei commercianti,introdusse il principio della qualificazione professionale degli addetti al settore. Lasciava quindi alle regioni,e di conseguenza ai Comuni,il potere esecutivo di rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività. Inoltre grazie all’art. 11 dava facoltà ai Comuni di procedere ad un piano di sviluppo e di adeguamento della rete di vendita,sentito il parere dell’apposita commissione. Il P.R.G. in base a quanto stabilito dalla legge teste citata,formulava i seguenti criteri che dovevano essere quelli prioritari per la stesura del piano per le attività commerciali: 1) studio della
morfologia del territorio e delle caratteristiche urbanistiche ipotizzate
nell’ambito del P.R.G. per tutto il territorio comunale. 2) Considerazioni
sugli elementi naturali che potevano limitare gli scambi fra le
diverse aree del territorio ovvero gli elementi infrastrutturali che
favoriscano la mobilità dei consumatori,siano essi esistenti o di
previsione. 3) Considerazioni sulle
zone di espansione residenziale,cercando di separarle dagli insediamenti
residenziali già consolidati. CENTRO STORICO Al fine di rendere più
efficaci gli studi di un Piano Particolareggiato sul C.S.venivano in prima
istanza affrontate,le misure di decongestionamento con il tentativo della
restituzione a funzioni congeniali che ne esaltavano la vitalità ormai
compromessa.L’indagine sui caratteri artistici e funzionali,evidenziava
il riconoscimento che tale parte di città custodiva nel suo particolare
sviluppo morfologico e tipologico rispetto
ai diversi valori che potevano trovarsi in altre sue parti. L’idea della
conservazione ben lungi dall’essere messa in concorrenza con lo sviluppo
di un organismo moderno di futura costruzione, giudicava il C.S. una parte
specifica del comprensorio in un “tutto unico”sull’intero territorio
. La disponibilità immediata dell’ Amministrazione comunale,di fornire
un “censimento”d’ indagine sullo stato delle abitazioni ha
portato,da subito alla suddivisione del C.S. in aree ambientali omogenee
dove l’intenzione del risanamento conservativo veniva espresso
attraverso comparti urbanistici con il chiaro intento di raggiungere un
diradamento dei volumi costruiti ed un abbassamento del carico
demografico. Veniva proposto,di raggiungere un più alto indice di certi
standard per diminuire il
raggio d’influenza dei singoli servizi;tutto questo veniva espresso in
una classificazione la quale anticipando eventuali rielaborazioni teoriche
classificavano,suddividendoli i diversi tipi d’intervento,in base ad una
“classifica dei fabbricati”. Venivano proposte le seguenti categorie: 1) fabbricati di valore
storico monumentale 2) fabbricati di valore
ambientale 3) fabbricati privi di
valore storico monumentale o ambientale 4) fabbricati da
demolire 5) comparti da
ristrutturare. Lo sviluppo di certi
avvenimenti(vedi storia del “piano”)verificò nel disegno di variante
del ’78,osservazioni che mantenendo fede ai principi
già esposti nel “piano”(la necessità di riqualificare le
periferie insediate e il recupero e il risanamento del C.S.)prescindendo
dalle qualificazioni precedenti e dalle modalità relative “provvede
alla definizione di quelle possibilità di intervento che non consentono
alterazioni morfologiche e tipologiche determinanti,in attesa di un piano
particolareggiato”. Ed ancora
si legge “la necessità di introdurre una normativa temporanea discende
dalla opportunità di rivedere in Toto i presupposti su cui è costituita
la classificazione degli edifici in occasione della redazione del piano
vigente….operare secondo una metodologia diversa più scientifica,legata
alle diverse situazioni tipologiche degli edifici e degli isolati stessi.
E’ apparsa anche necessaria una definizione generale di servizi e una
identificazione dei contenitori storici da recepire e da utilizzare a
questi fini.”Quindi,nell’agosto del 1979(approvato con delibera cons.
Comunale il 14/2/1980) veniva terminato uno studio iniziato alla fine del
1977,formulato dai tecnici dell’Amministrazione comunale; questo studio
seguiva le indicazioni della legge 457/1978( legge nazionale inerente le
norme per l’edilizia residenziale;obbiettivo principale quello di
rivitalizzare il comparto edilizio) e la legge 78/47 (emanata dalla
Regione) per consentire,come suggerito dal legislatore, di non isolare
l’intervento sul C.S. come porzione urbana a se stante e, “organizzare
un intervento edilizio diretto all’interno della zona territoriale
omogenea A, regolamentato da una normativa molto puntuale,organizzata per
unità minime d’intervento,che si estende su tutto il centro storico.” MOSTRE Il P.R.G. prevedeva
nella zona di Mariano un area per mostre in sostituzione od integrazione
di quella esistente ai margini del parco Ducale ritenuta insufficiente. Istruzione media
superiore In base allo sviluppo
demografico con la città e riprendendo una previsione prospettata a lungo
periodo nel P.R.G dell’63,si prevedeva una nuova sede dell’ istituto
magistrale al potenziamento del liceo scientifico dell’istituzione di
una nuova scuola tecnica a indirizzo agrario. In sede di pianificazione si
specificava di ridurre i disagi di trasporto per gli studenti studenti
pendolari e la creazione di nuove attrezzature dalle palestre per
attività sportiva fino alle sale per riunioni e dibattiti. Attività sportive e
verde pubblico Potenziamento degli
impianti esistenti che già nell’ultimo decennio erano stati
favoriti(vedi:la costruzione di nuovi complessi come quello costruito in
viale Piacenza,dotato di un campo da rugby un campo da calcio un campo da
baseball. Il nuovo”piano”prevedendo fondamentalmente tre aree la quale
la prima esistente a nord del parco Ducale e le altre due a sud destinando
tali aree per lo sport e lo spettacolo individuava anche le attrezzature
sportive a livello di quartiere che nei programmi di realizzazione
mettevano in evidenza due precisi indirizzi:intervento a livello di
quartiere,costruzione di centri polivalenti. Sotto il particolare aspetto
delle attrezzature(parchi,verde attrezzato,impianti polivalenti
ecc..)c’era l’obbligo di dare risposte agli interessi del tempo libero
e alla salvaguardia del verde pubblico;tenendo conto degli aspetti
urbanistici particolarmente legati al problema delle aree e delle
attrezzature si prefigurava un assetto commisurato ai seguenti standard: a livello di
quartiere,verde pubblico parco attivo di mq/ab. =10 a livello cittadino e
comprensoriale,verde attivo di mq/ab. =6 tali previsioni si
inserivano in un sistema di verde,il quale appoggiandosi
al decreto ministeriale del2/4/’68 più che prevedere una serie
di parti distribuiti in prossimità delle residenza,tentò di individuare
delle penetrazioni di verde,che seguendo il percorso dei fiumi solcanti il
territorio comunale,rappresentassero anche delle continuità per i
percorsi pedonali e ciclabili,che dall’estrema periferia agricola
potessero condurre alla zona della città storica.
sopra: Centro storico di Parma attuale, Via Bixio e Via Farini
|